Un giorno dopo l'altro, integrando fotografia e sempre nuovi strumenti di elaborazione, prendevo progressivamente coscienza che il soggetto fotografato, una cosa esistente e tangibile anche se ridotta a due dimensioni, non solo diventava qualcos'altro ma spesso si annullava: la realtà immanente e collettivamente condivisibile veniva distrutta e sostituita da una mia realtà personale, solo talvolta interpretabile e comunicabile, ma sempre a posteriori. Insomma: stavo scivolando sempre più verso l'astrazione, verso l'immagine chiusa in sé che trae il suo valore non dall'essere una rappresentazione di qualcosaltro, ma proprio dall'essere priva di qualunque riferimento. E questa è totale libertà.